Mario Jimenez è un ragazzo di Isla Negra, una microscopica cittadina peschiera della costa Cilena. Li tutti, anche suo padre, fanno i pescatori, e il destino di giovani come lui è già imbarcato su una di quelle navi, mentre la scuola e l'istruzione rimangono sulla terraferma e quindi sono luoghi che non gli appartengono. Tuttavia Mario si sente diverso, sente che il Mondo ha qualcos'altro da offrire, e anche se il suo mondo è estremamente piccolo, riesce a trovare quel qualcosa di diverso: rispondendo presente all'annuncio sulla porta dell'Ufficio Postale, diventa l'unico postino presente ad Isla Negra, venendo peraltro a sapere di avere un unico "cliente", sia in entrata che in uscita, il cui altisonante nome è Pablo Neruda. Dopo un primo periodo di malcelata timidezza, in cui l'unica cosa che il giovane riesce a fare è cercare un modo per farsi autografare un libro del vate e rimanere davanti alla sua porta come uno stoccafisso per molte volte, tra i due comincia a nascere una sorta di amicizia scaturita dalla reciproca curiosità, un'amicizia che raggiungerà l'eternità fluttuando in un moto perpetuo sulle ali della poesia. No, non quella che si studia sui banchi di scuola; ciò che lega i due è la poesia che scaturisce dall'essere al mondo e da ciò che questo ci offre: il mare, il vento, la terra...L'amore, come quello che Mario prova per la bella Beatriz. Attraverso le tappe più importanti della vita del grande poeta, sullo sfondo di un Cile in cui la rivoluzione comunista porta la politica anche in quei posti dimenticati, Skàrmeta ci fa dono di questa storia bellissima, in un esempio estremamente riuscito di quella che oserei definire una "prosa poetica". In conclusione vorrei aggiungere una mia riflessione: in un periodo storico come quello attuale, nel quale assistiamo e abbiamo assistito all'avvento di una generazione formata in gran parte da giovani che vedono come un obiettivo importante quello di conoscere figuranti incapaci e pieni di sè come quelli che tutti i giorni appaiono sugli schermi, suggerire un libro come questo nelle scuole potrebbe essere uno stimolo per quegli stessi giovani a guardarsi intorno, perché le persone che contano davvero nella nostra vita sono li, ad un passo da noi, famose o comuni, aspettando soltanto la scintilla che trasformi il sentimento in poesia.
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9.13.2011
9.02.2011
Fred Uhlman - L'amico ritrovato
Il più bel piccolo libro del mondo. Così mi piace definire "L'amico ritrovato" di Uhlman, perché nella sua lettura che richiede un tempo infinitamente piccolo il lettore trova un mondo infinitamente grande. Non si smetterà mai di meravigliarsi all'idea che in 92 pagine ci sia la descrizione dettagliata di una scuola, di persone, di paesaggi, senza che niente di tutto ciò tolga spazio alla storia. E' tutto perfettamente integrato, e il collante che lega tutti i singoli elementi è ciò che lega i protagonisti stessi: l'amicizia. Hans Schwarz è un ragazzino di Stoccarda, brillante ma senza darlo a vedere, perché l'ambiente in cui studia è mediocre, formato da ragazzi benestanti con il futuro già scritto. E lui, figlio di un medico ebreo, preferisce la "sua" solitudine, fatta di letteratura, storia, poesia, un mondo in cui nessuno può entrare. Nel febbraio del 1932 questo muro rimasto in costruzione per anni, crolla per sempre, in un attimo, l'attimo che serve a Konradin von Hohenfels per entrare nell'aula e nella vita di Hans. Un Hohenfels, un membro della casata più potente e antica di Stoccarda, li davanti a lui, nella sua posa elegante senza ostentazione. L'amicizia che di li a poco nasce tra i due è frutto di un attendismo reciproco, una timidezza che colpisce due anime nel momento stesso in cui capiscono di essere in simbiosi, una richiesta di attenzione silenziosa; per questo viene vissuta così intensamente in ogni sua minima sfumatura, in ogni piccolo dettaglio che i due hanno in comune, senza che mai la differenza di rango o sangue possa sbarrare loro la strada: dalla letteratura alla poesia, dalla numismatica ai reperti antichi fino alle lunghe passeggiate nella città coperta di neve o alle scampagnate sulle colline per osservare quei magici territori chiusi in una bolla protettiva di cultura e ricchezza, nella quale entrambi credono che i tragici eventi esterni non potranno mai penetrare. Ma la Storia è come un grande cantiere, costruisce il futuro distruggendo il passato, senza curarsi del fatto che in quel passato molti hanno riposto la fiducia nel futuro; come un enorme schiacciasassi, raderà al suolo non solo le città, ma anche i sentimenti, i legami e le speranze, ponendo al posto di guida l'uomo più spregevole da essa stessa creato: Adolf Hitler. In una terra di persone abbandonate dal senno, le grandi casate di Germania, per paura di perdere il Nome e i titoli, preferiscono rinunciare all'onore. Hans e Konradin acquisiscono la consapevolezza della fine di tutto, come se prima non fosse mai esistito niente, e saranno costretti a prendere strade differenti che li allontaneranno ben oltre la semplice sfera fisica. Ma la Storia, come ho detto, costruisce il futuro, e chissà se per Hans, un giorno, l'amico perduto sarà ritrovato.
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