Le guerre non finiscono mai, questo è certo. Finiscono per i libri di storia, che riportano con precisione la data di inizio e quella di fine dei conflitti dell'umanità, finiscono per i moderni telegiornali, i media, finiscono, archiviate, nella nostra mente. Le guerre non finiscono mai, non per le persone che le hanno vissute in prima persona, quelle che hanno combattuto, quelle che si sono viste portare via i loro cari in un istante, quelle che hanno negli occhi e nei gesti la paura di veder arrivare un nemico ormai antico. Le guerre sono lo strascico di un abito da sposa già in lutto, che non arriverà mai all'altare e vedrà solo lo strascico crescere a dismisura. Le guerre sono il peccato originale dei padri che ricadrà per sempre sui figli, i nipoti, il futuro. Non si può dimenticare, non si può smettere di odiare chi ha ferito o ucciso i tuoi compagni, la tua famiglia, non si può analizzare freddamente la consapevolezza o la volontà di chi lo ha fatto, importa solo la vendetta. Per questo Manuel Roca è condannato a morte, per questo lo sono anche i suoi due bambini, ignari del passato e destinati a non conoscerlo mai, perché le guerre continuano sempre, per chi le ha vissute, i nemici rimangono li dietro l'angolo pronti a colpire, la loro riproduzione li fa solo aumentare di numero. Una Mercedes si avvicina alla casa di Manuel Roca, ma lui lo sa, sa chi c'è dietro quei vetri oscurati e cosa sono venuti a fare: Salinas, El Gurro, uomini che hanno fatto la guerra; e poi c'è Tito, solo un ragazzo. Manuel Roca osserva, pronto ad affrontare il suo destino, ma non può e non deve accettare che la guerra entri nelle vite dei suoi bambini, perciò decide di nasconderli: Nina, la più piccola, avvolta in una coperta, in una botola scavata nella terra, dove (forse) non possono trovarla, ma da dove può sentire tutto. Ascolta, Nina, ascolta cose che non dovrebbero appartenere al mondo dei bambini, cose inspiegabili, misteriose, terrificanti, paradossalmente affascinanti; Nina vede, anche, quel ragazzo che apre la botola e la richiude in un gesto quasi paterno. Le guerre non finiscono mai, neanche quelle dei bambini costretti ad entrarci, animati dallo stesso sentimento di odio e desiderio di vendetta dei grandi, e quando Nina arriverà in procinto di consumarla si troverà davanti chi, come lei, ha combattuto una guerra non sua; insieme, per un gioco di sguardi, di parole mai dette, di riflessioni nascoste, ai lati opposti di un tavolo, avranno la possibilità di ritrovare loro stessi prendendo una nuova strada illuminata da un solo faro: l'amore. Baricco, il cantastorie della letteratura italiana contemporanea, ci travolge con l'intensità di questo racconto estremamente comunicativo, pieno di sensazioni forti e di messaggi importanti; uno su tutti, fondamento stesso del romanzo e mai troppo scontato per non essere ripetuto con forza: "fate l'amore, non fate la guerra", perché lì dove la guerra distrugge in maniera perentoria e spietata, l'amore ricostruisce con una forza e un vigore tali da spazzare via dalla Storia i nostri momenti più bui.
Ti è piaciuta la recensione e vorresti acquistare il libro? Clicca qui!
1 commento:
Le ultime pagine sono le più belle... :)
Posta un commento